“Costoro non conservano nella loro memoria il ricordo del passato, né se lo rammentano, ma lasciano che questo svanisca a poco a poco, in realtà rendendosi così, giorno dopo giorno, sempre più sguarniti e vuoti, quasi sospesi al giorno che deve ancora venire, come se gli eventi accaduti l’anno già passato, l’altro ieri o ieri non li riguardassero, e non fossero neppure a loro appartenuti”. Sono parole di Plutarco (Peri euthumias), riportate da Foucault in L’ermeneutica del soggetto (lezione del 24 Marzo 1982), che così le chiosa: “Il che equivale a dire che costoro sono votati non solo alla discontinuità e al trascorrere, ma anche alla perdita di sè e al vuoto. Essi non sono realmente più nulla. Si trovano nel vuoto”.

Ora, posto che si stanno decrivendo gli stulti, ovvero coloro che “si trovano esattamente nella posizione opposta a quella filosofica”, e che tale descrizione va riferita al periodo ellenistico, ciò che mi ha colpito è che questa descrizione va benissimo per noi. Non facciamo esattamente così? Non è questo uno dei sintomi del (o il) male del nostro tempo? E trovo molto interessante che l’essenza della stultitia risieda nell’oblio… Ed è per questo che il soggetto che ha l’alzheimer, ovvero quello che io chiamo sulla scorta di Zizek il soggetto postraumatico, è oggi così importante per noi: è il nostro specchio, in fondo, quello che noi siamo. Senza storia, senza (vero) futuro. Insomma, rincoglioniti. Ma la domanda importante a questo punto è: cosa ci ha condotto qui? Qual’è il punto chiave? In un modo un po’ fortuito e un po’ pop, se vogliamo, ho trovato una risposta in un libro di un autore che ho già citato, Qiu Xialong, che s’intola Ratti Rossi. Siamo in Cina negli anni della transizione e si sta parlando del fatto che si pagano le celebrità per farsi fotografare con loro. Il protagonista conclude sconsolato: “C’è un prezzo per tutto”. E il narratore commenta: “Ed era quello il problema. Si rendeva omaggio all’ideologia comunista solo a parole. Nonostante il Quotidiano del popolo e i documenti di Partito, la realtà sociale era che tutti, dal primo all’ultimo, pensavano a se stessi.” Ci sarebbe ancora molto da dire, ma voglio tagliare corto con una domanda: dove si è e come si è quando la vita stessa di una persona (di tutte le persone, forse…) è diventata una merce?