Come si può fare ripartire le imprese italiane, soprattutto le PMI? Ecco la risposta:
 
“Il fattore chiave, emerso in tutte le esperienze, è la capacità di valorizzare le competenze e le conoscenze che ogni singola impresa ha disponibili al suo interno. Molto spesso la capacità di riorganizzare le competenze e rivitalizzare il capitale umano dell’impresa è la via più economica per attivarne il rilancio, insieme al processo di internazionalizzazione per diversificare l’accesso ai mercati. Le imprese che in questi anni hanno saputo, e potuto, perseguire la via alta dello sviluppo, attraverso investimenti in processi innovativi, in formazione per il capitale umano, in riorganizzazione più efficiente delle procedure e maggiore presenza sui mercati internazionali, sono state molto spesso protagoniste di importanti esperienze di rinascita.”
 
Il testo qui sopra è tratto dal Working Paper in cui sono presentati gli atti del seminario “Economia e Società della Conoscenza: le sfide in atto per imprese e territori” che si è svolto il 15 marzo 2013 presso la sede di Torino di Confindustria Piemonte. Il seminario è stato promosso e realizzato dalla Fondazione Adriano Olivetti, con la collaborazione del BRICK/Bureau for Research in Innovation, Complexity and Knowledge dell’Università di Torino e di Confindustria Piemonte.
 
Ora ci viene spontanea la domanda: perché le PMI italiane non lo fanno (o per lo meno lo fanno in pochissime)? Credo che sia per mancanza di cultura, di prospettive, di proattività e di fiducia. Tra le altre cose nei consulenti, che vent’anni di malaffare e malcostume a livello tanto pubblico quanto privato hanno destituito di credibilità. Sono convinto che un maggiore credibilità (e competenza e autorevolezza) dei consulenti sia un fattore chiave per fare ripartire l’Italia. Da dove cominciamo?