• Business process reengineering bottom up Ovvero con risorse aziendali cui mi aggiungo in qualità di facilitatore. E’ una forma di project working, centrata sulla revisione, invenzione o implementazione dei processi. Il vantaggio sta nell’engagement: se fai tu le regole, poi le rispetti.
  • Consulenza di processo E’ un po’ lo stile che mi contraddistingue: la consulenza di processo (Schein) aiuta il cliente a trovare le soluzioni con le sue proprie risorse (e non con quelle del consulente, che in tal caso è un consulente esperto). Non è molto diversa dal coaching e ha il grande pregio di essere efficace e veloce, perché il cliente non fa resistenza (è lui che sceglie e decide). Se si lavora con gruppi, si inglobano nel processo diverse tecniche, dal design thinking allo scenario workshop, dal creative problem solving alla comunità di ricerca.
  • Learning process building. E’ un’attività che svolgo sia per singoli progetti di formazione e change, come pure a largo raggio, il che oggi comporta piattaforma tecnologica, learning objects, social learning, comunità di pratica, peer to peer fertilization ecc. Prediligo un approccio taylor made e non orientato alla sola tecnologia, che è spesso sopravvalutata, specialmente in termini strategici: la prima domanda da porsi infatti riguarda il livello di fiducia e di engagement che c’è e che vogliamo e possiamo raggiungere. Detto questo, si integrano processi di comunicazione transmediale, story telling e scambio peer to peer, come pure grandi aule e grandi eventi.
  • Learning path K10. E’ un format particolare che utilizza le risorse gratuite esistenti in rete (per esempio i corsi di Coursera o delle diverse università coi loro MBA) per articolarli in learning path focalizzati sul rapporto teacher (interno all’organizzazione) e learner (idem). Fondamentale il social learning e la fertilizzazione peer to peer, che si ottiene con progetti spceifici e relative community.
  • Community management Fare community non è una cosa semplice: bisogna rispettare alcuni vincoli e produrre alcune azioni, con una certa aritmia. Il servizio comporta design, animazione e, se serve, formazione per il community manager.
  • Continous feedback Instaurare una efficace cultura del feedback in azienda non è facile. Dapprima bisogna fare un check up e individuare i gap e poi procedere alla formazione e quindi alla sperimentazione in luoghi limitati, per poi allargare al resto dell’azienda. Il tutto richiede engagement – che fa costruito con la partecipazione alla progettazione – e adeguato sostegno con app e piattaforme on line, con attenzione alla condivisione e al peer to peer.
  • Comunicazione del changing. E’ un’attività che svolgo con metodologie di consulenza di processo e coinvolgimento partecipante. In tal modo, a tutta prima, sembra che la strada sia più lunga di quella prospettata da una consulenza esperta (quella che dice: “fai così!”), ma in realtà in questo modo si abilita velocemente l’organizzazione – dai capi ai collaboratori – a fare quasi tutto da sola.
  • Knowledge sharing collaborativo. Consiste nel raccogliere e diffondere best practice e competenze con modalità sia off line che on line. Prevede condivisione di problemi e temi, identificazione di elementi da diffondere e dei champions, e dei team di champions, in un contesto orientato alla learning/teaching organization. E’ un processo chiuso e specifico che può essere molto utile per lo sviluppo della social organization.
  • Problem setting evoluto. E’ un set di strumenti conversazionali che formatta il processo di scambio di idee in modo molto definito e potente. Utile per fare problem building, finding e setting, interiorizzare e concettualizzare esperienze e valori, definire meglio concetti (leadership per es.), fare team building e costruire ambienti di confronto etici e produttivi, costruire carte etiche partecipate come pure fare riflettere sul senso del ruolo o in generale esplorare le implicazioni di una questione e “mettere ordine”.
  • Problem solving evoluto. Qualsiasi processo che abbia un obiettivo, o addirittura una semplice “tensione verso” implica problem solving. Il mio modello di problem solving va a colmare alcune lacune che spesso riscontro nei modelli che vanno per la maggiore: sa maneggiare la complessità, lavora sugli effetti e non sulle cause e, soprattutto, espone e insegna ad applicare una metodologia per trovare le soluzioni, tenendo conto degli aspetti sistemici delle organizzazioni e delle persone che le compongono. Utile riguardo a decisioni, strategie, progettazione, gestione dei progetti, gestione di persone.
  • Generazione partecipata di idee. Comporta l’uso di una piattaforma tipo social network e ha il pregio di lavorare su attività molto definite (es: idee per risparmiare energia). Gli utenti postano, commentano e votano, volendo con meccanismi di tipo “mercato delle idee” ovvero borsa valori. A mio parere il segreto per attivare processi social di successo è proprio questo: cominciare con attività piccole e ben definite con output precisi e quick win. Può essere realizzato anche of line e in questo caso rientra in gran parte nella categoria descritta qui sotto.
  • Progettazione partecipata con grandi quantità di persone Con la combinazione di diverse tecniche (OST, Word cafè, Cafè philo, Acceleration Solution Lab, Philosophical Focus ) posso fare design di processi di progettazione partecipata che possono coinvolgere fino a 1500 persone. Prevede diversi setting, da tre mezze a giornate a due o tre giornate di fila. Oltre alla progettazione (di prodotti, servizi, processi….) l’attività ha notevoli effetti di engagement.
  • Story telling organizzativo Può supportare i processi e le attività più svariate: da quella più comune di marketing al change management, dalla diffusione di significativi e valori ai processi di engagement e internal branding. La modalità con cui progetto, facilito e/o realizzo lo story telling è sia top down che bottom up: posso dare linee guida e costruire il setting o la sceneggiatura, ma preferisco farlo in modo partecipato. Anche la narrazione può avvenire in modo unidirezionale (poster, comunicati, video ecc), ma in generale l’attivazione di processi partecipativi da risultati più apprezzabili. Spesso lo accoppio al gaming e al design thinking e in certi casi può supportare attività di progettazione e decision making.
  • Project management complesso Posto che, a mio parere, così come tutto è problem solving, tutto è anche progetto, oggi ci servono sistemi di gestione dei progetti che tengano conto delle incertezze e delle fluttuazioni, del mutamento continuo e delle emergenze, dei cigni neri e delle opportunità. Il metodo che propongo comporta l’uso di carte di navigazione, metafore, story telling, cicli brevi (tipo agile), fluttuazioni strategiche e così via… E’ assurdo affrontare le tempeste di oggi con modelli di gestione dei progetti conformati sulla costruzione dei ponti: ci vogliono altri strumenti, più flessibili, più artistici e più efficaci.
  • Gestire il cambiamento organizzativo (change management) I processi di cambiamento vanno gestiti ma i modelli di cambiamento sono sempre… superati dalla realtà. La mia proposta si avvale di meta modelli e metatools che si adattano agli obiettivi e alle circostanze, e non il contrario. Lavoro sui processi, non sui contenuti. Il set di strumenti utilizzabili è vario – e molti sono esposti in altri format – ma lo scopo è sempre uno: definire i risultati attesi, costruire strategie tattiche, mantenere la flessibilità e soprattutto procedere per sperimentazione e consolidamento. Comprende story telling, agile, design thinking, psicologia strategica.
  • Costruire la social organization Le practice ormai sono abbastanza chiare: engagement, allineamento degli scopi, creazione e animazione delle community, centralità dei team… Il processo, che può essere graduale, passa per il coinvolgimento in primis dell’HR, ma anche della Comunicazione Interna e dell’IT; lo scopo è estrarre il tesoro nascosto di conoscenza, processi e nuove soluzioni che è custodito nella conoscenza tacita dell’organizzazione. Non è facile, ma il premio è notevole, sia in termini di efficienza che di efficacia a qualsiasi livello e funzione.
  • Strategie creative di comunicazione La comunicazione è spesso gestita come una commodity ma non c’è ragione di non moltiplicarne la forza e il rendimento. Ed è possibile con la costruzione retroattiva della notizia, con la creatività della veicolazione del messaggio, il giusto dosaggio dei canali, la progettazione della loro interazione e l’utilizzo spinto dell’inbound marketing in correlazione con eventi. Di regola lo faccio mediante project working.
  • Empowerment della comunicazione interna Spesso la comunicazione interna aziendale lascia un poco a desiderare: multimedia, inbound marketing, social network, gamification sono da integrare nell’organizzazione secondo gli standard a cui gli employee sono abituati nel mondo “esterno”. Si può andare da un semplice restyling a un completo reingeenering dei processi. Si può fare in project working come in modalità tradizionale – ma in ogni caso comporta un training dell’ufficio di funzione.
  • Marketing territoriale sostenibile La sosteniblità è una leva di business? La risposta è si, soprattutto per i territori. Il processo di consulenza ed esecuzione è complesso, ma prevede bassissimi investimenti, ottimi ROI e break eaven veloce. La posta in gioco è fare della sostenibilità una leva strategica di sviluppo: ma ci vogliono comunità territoriali disposte a ingaggiarsi.
  • Charity Program for Business Ho una certa esperienza di no profit e ONLUS e sono convinto che siano una leva di business straordinaria, perché muovono risorse gratuitamente. L’attività prevede impostazione strategica e il design delle azioni, che possono variare molto a seconda degli obiettivi e della strategia aziendale (essenziale è la coerenza). Naturalmente l’attività si può conformare anche allo sviluppo di un’organizzazione che abbia effettivamente il charity come mission, e può integrarsi con piani di social business.
  • Metaconsulting Con le pratiche filosofiche e altri strumenti di facilitazione e group thinking si possono mettere in campo delle reflection room che siano di accompagnamento di altri processi. Con l’utilizzo di diversi strumenti e tecniche di valutazione e riflessione, si possono in tal modo mettere in atto controllo, monitoraggio, attenzione e supervisione di altri processi, siano essi di formazione come pure di cambiamento, produzione e decisione .
  • Talent emergente Oggi le organizzazioni hanno bisogno di un sistema di valutazione che sia in grado di fare rilevazioni frequenti e condivise; di ascoltare e scovare nelle interazioni digitali chi ha il talento che serve; di costruire percorsi per mettere in cantiere progetti che aggreghino le risorse su base volontaria; selezionare gli skill che servono per il futuro, come la digital influencership e la social collaboration, il pensiero critico e il problem solving; lavorare sulla congruenza tra valori della persona e valori aziendali. Per falro bisogna fare un adeguato design di processi che comprendono listening, project working, “viaggi” del dipendente in altri settori aziendali.
  • Superoutdoor Perchè sprecare l’attivazione energetica di un outdoor senza dargli seguito? Il progetto comporta un fase di assessemnt pre outdoor e un’osservazione partecipante durante lo stesso; i diversi punti di osservazione generano (a seconda del design) un asessmente delkle persone e dell’azienda (problemi, opportunità, criticità…) da discutere poi in una fase successivs di restituzione con la committenza. Da questo momento diagfnostico nascono diverse attività di cambiamento e/o progettazione, di regola svolte in project working.
  • Assessment efficiente Che spesso oggi significa on line. Vi sono diversi strumenti che aiutano e consentono processi di assessment più veloci ed efficienti, mediante videogiochi, colloqui distant e asincrono registrati, sequenza di domande predefinite e registrate, processi di feedback automatizzati. Come scegliere, settare e utilizzare questi strumenti può spesso fare la differenza.
  • Induction e on boarding dei nuovi arrivati Il processo di abilitazione non è banale e spesso può fare una certa differenza (di mesi per esempio) per non parlare di problemi causati da impatti non ottimali tra persona e team. Il design prevede attività ludiche e social, platfrom peer to peer, attività di esplorazione motivanti e sorprendeti, speed mentoring e tanto altro.
  • Unconventional diversity management Si basa sulla sconfessione di alcuni pilastri della tradizione. Per esempio non si fa formazione ma project working, si costituiscono comitati di misurazione e gruppi di valutazione, si fomentano peer to peer valuation e gruppi di riflessione sull’allineamento tra pratiche e valori. Spinta gentile e valutazione con KPI sono il corollario, ma l’asso nella manica è l’utilizzo della diversità come risorsa (di business).
  • Sviluppo situato (EMBED) Shadowing e coaching on the job all’improvviso, momenti di formazione instantanei in negozio, supervisione ad attività aziendali direttamente in fliale o agenzia: il format, pensato per aziende strutturate secondo il modello testa-braccia, risolve uno dei grandi problemi delle organizzazioni di questo tipo: garantire la customer experience desiderata là dove si crea e nel momento in cui si crea.  Controllato da uno steering comittee, si articola sulla figra dell’human (resources) coach itinerante.
  • Engagement 10 Vi sono diversi sistemi ben precisi per aumentare l’engagement, che possono comportare mutamenti nelle pratiche manageriali come no. Il sistema di intervento prevede una diagnosi basata su 10 categorie e un design dei processi da mettere in atto, con una road map di interventi da eseguire.
  • P4O: Philosophy for Organization Mi occupo di filosofia applicata da decenni è ho elaborato un sistema di diagnosi della filosofia aziendale (tutti hanno una filosofia, anche le aziende) mirato alla definizione della sua congruità e coerenza con obiettivi e strategie dell’organizzazione. Riscontrati i gap nelle rispettive aree (gnoseologia, etica, estetica e identità) si procede al piano di azione per colmarli. La strumentazione usata proviene dalle Pratiche filosofiche, dall’antropologia culturale e dalla sociologia. L’approccio è nuovo e consente all’orgnaizzazione di riflettersi e cambiare secondo linee poco battute.