Generalizzare humanum est
Molte persone generalizzano troppo e soprattutto a sproposito. D’altra parte dire che “non si deve mai generalizzare” è una pessima generalizzazione: perché mai non si dovrebbe mai generalizzare? “Tutti i triangoli hanno tre lati”: è una buona generalizzazione. Ma il punto è che molte persone generalizzano in modo implicito.
Mi spiego: facciamo il caso che Tizio, parlando con Caio, affermi: “Questa tua idea non è conforme alla morale cristiana” e il suo interlocutore, Caio, risponda “e perché mai dobbiamo seguire la morale cristiana?”. Tale risposta (stupidissima) suppone che Tizio abbia affermato che si deve sempre seguire la morale cristiana, quando in realtà non ha nemmeno detto che la si debba seguire in quella particolare occasione: ha solo detto quella certa idea di Caio non è conforme alla morale cristiana. Di fatto accade spesso che gli esseri umani, affamati di senso e alla disperata ricerca di cose semplici da capire, procedano mediante una logica on/off, secondo la quale una cosa che non è bianca è – ahimè – nera. È evidente come questo modo di pensare produca errori, fallacie, scelte sbagliate e non di rado disastri. Fa parte di un fenomeno più generale (attenzione!) che si può chiamare “rigidità di pensiero” e non solo di pensiero, ma anche emotiva, relazionale, esistenziale e così via (sul tema della rigidità come errore a danno della ben più affidabile “logica della flessibilità” segnalo uno splendido libro di Giovanni Bottiroli dal titolo La ragione flessibile, adatto a lettori non proprio sprovveduti in filosofia).
Purtroppo la funesta attività ottundente della cattiva generalizzazione estende il suo dominio anche all’interno delle nostre menti, spesso governate da generalizzazioni non solo implicite, ma per di più inconsapevoli. Per esempio un depresso è vittima di una falsa generalizzazione che suona più o meno così: “la mia vita è uno schifo, niente è buono, tutto è brutto”, affermazioni in cui i quantificatori “niente” e “tutto” segnalano la pervasiva e infida opera della generalizzazione. Nella mia pratica di coaching, life coaching e consulenza filosofica capita spessissimo di imbattersi in cattive generalizzazioni tanto implicite che inconsapevoli.
C’era per esempio una ragazza sedicente “sociofobica” – spesso le persone arrivano in studio con diagnosi bell’e fatte, di conio proprio o altrui poco importa, diagnosi che altro non sono che altrettante indebite generalizzazioni – la quale ragazza, a un certo punto del lavoro, ha descritto la sua situazione così: “tutti vogliono da me qualcosa che o non posso o non voglio dare”, dove di generalizzazioni ce n’è diverse: “tutti” vogliono qualcosa da te? E queste cose che vogliono sei certa che si dividano in soltanto due classi, quelle che non puoi dare e quelle che non vuoi dare? Ora, è chiaro che una simile convinzione, profonda e venuta alla luce solo dopo un certo tempo di lavoro, non si può smontare in quattro e quattr’otto con la semplice indicazione di controesempi e domande quali: ci sono cose che dai? Le vuoi dare? Te le hanno chieste? Una mossa così grezza non avrebbe effetto, anche se è vero che la struttura logica del trattamento si muove precisamente in quella direzione – diciamo che bisogna portare le persone a “toccare con mano” le cose. Ma non è qui il caso di entrare nel merito della metodologia che utilizzo.
Quello che mi preme è fare notare è che la cattiva generalizzazione è sempre in agguato e non solo: opera a nostra insaputa, conforma i nostri pensieri, ci fa vedere il mondo in un certo modo e ci influenza senza che ce ne rendiamo conto. In senso stretto, quello freudiano, a volte la cattiva generalizzazione è inconscia. E tuttavia opera, lavora, ci determina. Per questo in situazioni di disagio e blocco emotivo o esistenziale, come pure quando si debbano compiere scelte non facili, può essere utile un lavoro sui pensieri. Per districarli, riordinarli, metterli in chiaro e ridefinirli. Naturalmente non è solo e semplicemente un lavoro di semplice logica – Aristotele da solo non basta – ma di logica applicata alle convinzioni più profonde, una logica incarnata – mi riferisco al concetto di embodied cognition di cui ha parlato Francisco Varela e ormai abbastanza diffuso e accettato nel mondo scientifico, nonché confermato dalle recenti ricerche sui neuroni specchio.
In conclusione, per dare qualche piccola “istruzione per l’uso”: fai attenzione alle generalizzazioni e soprattutto cerca di scoprire quelle di cui sei inconsapevole. Perché sono quelle che ti governano. Senza demonizzarle troppo, tuttavia, perché come diceva Alexandre Dumas figlio: “Tutte le generalizzazioni sono pericolose. Anche questa”. E soprattutto, anche se ciò complica un poco le cose, non dimentichiamoci che le generalizzazioni a volte sono utili e per di più non possiamo fare a meno di farle. Ma bisogna distinguere quelle buone da quelle cattive. Alla tua serenità e alla tua saggezza!
Generalizzare equivale a essere idioti
William Blake
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