“…il sentimento del nulla, è il sentimento di una cosa morta e mortifera. Ma se questo sentimento é vivo, come nel caso ch’io dico, la sua vivacità prevale nell’animo del lettore alla nullità della cosa che fa sentire, e l’anima riceve vita (se non altro passeggera) dalla stessa forza con cui sente la morte perpetua delle cose, e sua propria”. Splendide e icastiche parole di Leopardi (Zibaldone, 261) che ci mostrano una vola per tutte come il rapporto tra vita e morte sia a dir poco non semplice, come ho cercato di spiegare in un libro di prossima pubblicazione (Harry Potter e la (tua) morte). Anzi, volendo esagerare, varrebbe la pena di pensare al rapporto tra vita e morte come a un rapporto storico-dialettico, come quello che lega in Walter Benjamin il ricordo e la redenzione. Ovvero, per chiudere senza troppe filosofisterie: la depressione ha sempre un che di ideologico… tant’è che una delle modalità di approcciarla tipica della terapia strategica è chiedere al depresso: “ma come ci riesce a farcela, come le riesce di essere depresso?” Non prenda il lettore tutto questo in modo superficiale – ovvero lineare. Quello che intendo dire è che tutte queste… diciamo così, “nozioni” (vita, morte, ricordo, redenzione, nulla ecc.) non sono mai un che di dato, come peraltro a dire il vero nient’altro, ma, come ci ha magistralmente insegnato Michel Foucault, eminenti e basilari, nonchè mutevoli, costrutti storici.