Sono le idee che fanno il mondo
“Le idee degli economisti e dei filosofi della politica, sia quando sono giuste che quando sono sbagliate, sono più potenti di quanto si creda. In verità sono loro che governano il mondo. Gli uomini di azione, che si credono esenti da ogni influenza intellettuale, sono di solito schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al potere, che odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da scribacchini accademici di qualche anno fa…”
Sono parole di John Maynard Keynes, citate da Fabrizio Galimberti sul Sole24ore di domenica 14 Ottobre 2012 (a pag. 14 in “L’austerità e la rivincita di Keynes”), da lui riportate a sostegno di una critica all’austerità oggi vigente in quanto avrebbe trascurato il rischio di ponderazione previsionale dei moltiplicatori fiscali. A me invece hanno colpito per un altro motivo. O forse due. In primo luogo perché sono vere, e questo parere autorevole – per di più proveniente dalla parte degli economisti “in azione” – conforta oltre ogni immaginazione il mio cuore di philosophical practionner (non trovo traduzione adeguata), ma soprattutto conforta la mia sicurezza di poter sostenere altrettanto quando, per esempio, mi ritrovo a constatare che gran parte del mondo è ancora intriso di liberismo individualista, di radice in fondo benthamiana, per cui moltissime persone sono convinte di potere e dovere spiegare tutto a partire dalle scelte e dalle esigenze dell’individuo, di solito come si sa “razionale”, quando invece mi pare oggi indispensabile vedere ogni fenomeno a partire dal dato di fatto primitivo della gruppalità – insomma basta con l’homo homini lupus: non ci sono lupi e siamo piuttosto simili ai macachi, ci spulciamo l’un l’altro e cerchiamo insieme banane, che poi magari ci sgraffigniamo a vicenda, va bene, ma siamo esseri sociali in primis, e semmai dovrebbero spiegarci come è possibile che ci consideriamo individui. Insomma, le parole di Keynes mi spronano a sostenere ancora e sempre la “battaglia per la verità”. E qui passiamo al secondo motivo per cui la citazione riportata da Galimberti mi ha colpito: ne consegue che dobbiamo avere cura delle idee. Ovvero che la missione di chi si azzarda a pensare è alta, importante e rischiosa. Chi genera, sostiene o critica idee, e mi viene da aggiungere non solo di filosofia politica, ma anche morale e teoretica, come pure estetica, dato che queste cose sono tutte tra loro collegate, ha la possibilità di influire sulla storia… orsù pensatori, ancora uno sforzo e meno male che certe cose ogni tanto le dicono perfino gli economisti.