Come tutti sanno lo stratagemma non è certo risorsa di recente invenzione. Vi sono stratagemmi tanto nella cultura occidentale, quanto nell’antica Cina (da cui di solito provengono quelli diffusi in ambito aziendale, a partire dai celebri stratagemmi di Sun Tzu). Qui forse vale la pena stabilire in primo luogo che per gran parte del mio lavoro mi riferisco agli stratagemmi definiti da Giorgio Nardone (con cui mi sono formato) e al modo di utilizzarli da lui stabilito nell’ambito della Psicologia Strategica (cfr. G. Nardone, Cavalcare la propria tigre, Ponte alle Grazie). D’altra parte lo stratagemma ha un ambito di applicazione più ampio e indipendente – tant’è che io stesso ne sto sviluppando una modellizzazione in ambito IES (Intelligenza Empatico Sociale).

 

Cosa è uno stratagemma?

Di regola lo si descrive come un espediente ben congegnato e calzante per raggiungere un determinato fine. Per esempio il celebre cavallo di Troia fu uno stratagemma concepito per “fare credere una cosa al posto di un’altra”. Peraltro, la capacità di utilizzare gli stratagemmi è tipica dello stratega, le cui qualità sono la capacità di analizzare le situazioni e i contesti, l’uso dell’astuzia e della creatività, la capacità di decifrare i segnali che annunciano il cambiamento, l’attenzione a non sprecare inutilmente energie e la ricerca dell’armonia… nel concetto di stratagemma è insito dunque quello di minimo sforzo, eleganza, capacità di volgere a proprio favore le situazioni, utilizzo di energie altrui e a basso costo e così via…  si tratta insomma di “mosse ben riuscite”, per cui un suo utile paradigma può essere la mossa di arti marziali.

 

Quali stratagemmi?

Lo stratagemma, come vedremo, per quanto non facilmente modellizzabile e per così dire “razionalizzabile”, ha tuttavia un grandissimo pregio: è rubricato e rubricabile in repertori ed elenchi. Di questi ve ne sono molti, a partire dal già citato Sun Tzu, e non vogliamo qui fare né enciclopedismo né preferenze: pochi minuti in internet sono sufficienti – anche perché come già accennato, l’elenco non è numerosissimo.

 

Piuttosto qualche parola su “dove” andare a cercare gli stratagemmi. A parte i cinesi, anche la cultura giapponese ne è piena, in particolari le arti marziali e lo zen. Quindi in generale tutte le arti belliche e strategiche. Vi è poi  tutta la tradizione della retorica, della persuasione, dell’illusionismo e dell’intrigo politico. Infine l’arte della negoziazione, gli scacchi e molti altri giochi, la teoria dei giochi, la fiaba e il teatro (specialmente la commedia).  Detto questo, crediamo giusto elencare a scopo esemplificatorio una serie (incompleta e arbitraria) di stratagemmi, ricavati in parte da Sun Tzu e “tradotti” in un linguaggio che ci possa fare capire fin dallo stesso “nome”, di cosa si tratta.

 

  • Attraversare il mare senza che il cielo lo sappia – distrarre, abbagliare, accecare
  • Assediare Wei per salvare Zao – prendere l’iniziativa su questioni secondarie
  • Uccidere con una spada presa a prestito – utilizzare le forze di altri o di altro
  • Creare dal nulla – produrre nuova realtà con l’immaginazione
  • Sospendere per riuscire – attendere l’occasione propizia
  • Lasciare la coda per salvare la vita  – il sacrificio utile per una causa più grande
  • Portare via la pecora che capita sottomano – approfittare delle occasioni, essere tempestivi
  • Intorbidire l’acqua per fare salire i pesci – fare confusione perché emergano le cose
  • Allentare la presa per serrarla meglio –  accennare il contrario per aprirsi la strada
  • Togliere la legna dal pentolone – privare delle risorse necessarie
  • Fare salire il nemico in soffitta e gettare la scala – portare al punto di non ritorno
  • Infilare il piede per spalancare la porta – cominciare con poco per ingrandirsi poi
  • Svuotare per fare riempire – attirare con il ritirarsi
  • Vincere senza combattere – sorvegliare in modo attivo influenzando con le intenzioni

 

Come scegliere gli stratagemmi?

Se pure gli stratagemmi esistono da millenni, nessuna modellizzazione ne è mai stata fatta – tranne quella di Giorgio Nardone (cfr. G. Nardone, Solcare il mare all’insaputa del cielo, Ponte alle Grazie), che fornisce per l’appunto criteri di scelta per correlare la situazione problematica allo stratagemma da applicarvi (sono previsti solo 13 stratagemmi).

 

Trovare altri criteri non è semplice. Si tratta in ogni caso di ridurre la complessità, e se è vero che ogni modello teorico di riferimento ci può offrire diverse categorie utili (in ambito IES per esempio, si può partire dalle motivazioni o dalle sensazioni, oppure dagli stili di attaccamento, come pure  dai “miti contingenti” o dai “demoni influenti”), resta che trovare una ratio che faccia da ponte non arbitrario per la correlazione tra problema e stratagemma richiede un’ulteriore livello di elaborazione. Prendendo la cosa da un altro lato, ovvero cercando criteri di modellizzazione per così dire “esterni” si può svariare quasi come si vuole: per esempio, c’è la possibilità di utilizzare le categorie “aggiungere”, “togliere”, “aumentare”, “diminuire”, oppure certi modelli logici, in particolare logiche non ordinarie e modali (paradossi e contraddizioni, possibilità e contingenza…), oppure spazio-temporali (saturare, ripetere, dilazionare, anticipare, sparpagliare…) ma si tratta di una ricerca ancora del tutto aperta.

 

Per tornare sul piano pratico, non ci resta che dire che la scelta degli stratagemmi, da parte tanto del formatore che del consulente, si basa di regola sull’intuito e sul ricordo di situazioni simili già vissute… e di solito si produce in concomitanza con la comprensione empatica. In altri termini, e la cosa non può certo sorprenderci, la strada da scegliere – e non solo quando si tratta di stratagemmi – ci appare speso quasi per magia, come un naturale prodotto di una co-evoluzione con formandi e clienti. E’ come danzare, o fare arti marziali, o arrampicare: la cosa giusta da fare viene da sé.