Dice Zizek in Vivere alla fine dei tempi (pag. 18) che per ingaggiare la nostra battaglia politica, secondo “la formula di Badiou mieux vaut un désastre qu’un désètre, meglio correre un rischio e impegnarsi nella fedeltà a un Evento di verità, anche se si conclude con una catastrofe, che vegetare in quella sopravvivenza utilitaria-edonistica e priva di eventi che Nietzsche chiamò, “l’ultimo uomo”. Ciò che Badiou rifiuta è quindi l’ideologia liberale del vittimismo, con la sua riduzione della politica a un programma per evitare il peggio, per rinunciare a tutti i progetti positivi e seguire l’opzione del meno peggio. Specialmente perché, come osservò amaramente lo scrittore ebreo viennese Arthur Feldmann, il prezzo che di solito paghiamo per sopravvivere è la nostra vita”. Si, concordo del tutto, ma Zizek non ci spiega come fare. Perché il vero problema è che a volte ci s’ingaggia nel suddetto Evento di verità, e ci si resta fregati. Non solo perché si perde, ci mancherebbe, perdere è possibile, ma perché si scopre solo dopo che non era un Evento di verità, ma una fola, un fantasma, uno spettro. Insomma quello che ci manca è un rivelatore di verità, o per lo meno un metodo per non sparare nel mucchio. Per dirla in parabola, se San Paolo sulla via di Damasco ha capito che era Dio che gli parlava, oggi probabilmente avrebbe qualche dubbio e magari andrebbe dallo psichiatra. Senza di questo, senza questo metodo (brutta parola ne convengo, ma suona bene in un contesto che ha sempre favoleggiato di un “metodo rivoluzionario”: Zizek è comunista), senza un qualcosa che ci consenta di scegliere con un minimo di probabilità a favore, avranno sempre la meglio quelli che ti promettono di soddisfare, come diceva ancora Nietzsche “una vogliuzza per la mattina e una per il pomeriggio”. Insomma concludendo: per non oziare per sempre a Las Palmas (come evocava James Ballard nello splendido suo racconto Tanti saluti da Las Palmas) ci vuole qualcosa che ci scuota, si, ma anche qualcosa che ci dia un po’ di ragionevole speranza.